Pubblicato su Dolce Attesa, novembre 2008
di Giorgia E.Cozza
Consulenza di
Elena
Arpi, psicologa di Associazione Genitorialità, Padova
Elisabetta
Ruzzon, presidente de “Il Pulcino. Associazione delle famiglie dei bambini nati
pretermine e a termine ricoverati in un’unità di terapia intensiva neonatale
nel Veneto”
È nato. Il tuo bimbo è venuto alla luce, ma le cose
non sono andate come avevi immaginato nel corso dell’attesa. La nascita,
infatti, è avvenuta troppo presto, quando ancora il bebé non era pronto per
abbandonare il sicuro rifugio del grembo materno ed affrontare la vita
extrauterina. Un parto prematuro è un evento traumatico per i genitori, ed in
particolare per la donna, che si trova a vivere sentimenti contrastanti, divisa
tra il timore per la salute del suo piccino e la speranza, la frustrazione
causata dal fatto di non poterlo accudire e la difficoltà di riconoscere in
quella creatura così piccina e indifesa, il bambino immaginato durante la
gravidanza.
Certamente non è facile, ma ‘ritrovarsi’ per mamma e
bimbo è possibile, può bastare una carezza in punta di dita, un ‘incontro’ di
sguardi attraverso il vetro di un’incubatrice, ed ecco che scatta l’amore. I
piccini nati prematuri hanno ancora più bisogno della loro mamma, del suo
latte, della sua voce, del contatto con lei, appena questo è possibile. E lo
stesso vale per le mamme ‘premature’ che hanno particolarmente bisogno del loro
piccino, ma anche dell’aiuto e del sostegno di quanti le circondano.
“Nei nove mesi della gravidanza” considera Elena
Arpi, psicologa che si occupa di prematurità, “avvengono tutti quei cambiamenti
a livello psicologico ed emotivo che fanno sì che la donna diventi una madre.
Quando il parto avviene prima del termine, così come il bimbo non è pronto per
vivere fuori dal grembo materno, la futura mamma non è pronta a separarsi dal
proprio piccolo e non è pronta per prendersi cura di lui.
All’improvviso si trova proiettata dalla dimensione
‘fantastica’ e ricca di aspettative dell’attesa, in una situazione nuova e
sconosciuta: il periodo gratificante della gravidanza si interrompe bruscamente
e la futura mamma deve affrontare una sofferenza del tutto imprevista,
intensissima e ‘solitaria’. Non solo, infatti, si sente sola poiché non c’è più
il suo bambino con lei, ma spesso chi la circonda non riesce a comprendere le
sensazioni, le paure, le emozioni contrastanti che si agitano nel suo
cuore”.
A rendere la situazione ancor più difficile ci sono
le preoccupazioni per la salute del bambino e l’immediata separazione che priva
la madre della possibilità di ‘riconoscere’ il proprio piccino subito dopo la
nascita e interferisce con i naturali processi di bonding che caratterizzano
invece una nascita a termine, quando il bimbo viene affidato alle braccia
materne sin dai primi istanti di vita.
“Aspetti specifici come la brusca interruzione della
gravidanza e quindi dell’intimità fisica ed emotiva con il bambino, la
diversità fra l’immagine reale del piccolo prematuro e quella del bambino
immaginato durante l’attesa e, nei casi di prematurità più grave, la paura di
perderlo, fanno sì che la donna fatichi a ‘diventare madre’ e a riconoscere
tutti gli aspetti sani e vitali del proprio bambino” riprende la psicologa. “E
così al senso di colpa per non essere riuscita a proteggerlo si aggiunge quello
causato dalle proprie reazioni. In realtà il fatto di sentirsi disorientata e
di provare emozioni contrastanti è assolutamente normale: è importante che la
mamma lo sappia e che sia consapevole del fatto che non è sola, le sue
sensazioni sono comuni a tutte le donne che vivono una nascita prematura”.
Così mamma e bimbo si ritrovano
Cosa può aiutare la neomamma di un piccino prematuro
a vivere con maggior serenità questa esperienza difficile? “Sicuramente il
contatto con il proprio bambino” spiega la psicologa, “la possibilità di
stargli vicino, di accarezzarlo e, quando le condizioni di salute lo
permettono, di prendersi cura di lui (ad esempio cambiandogli il pannolino o
offrendogli il proprio latte estratto). In questo senso, molto importanti sono
il sostegno e le indicazioni del personale del reparto, che dovrà aiutare la madre
a comprendere le esigenze e i segnali del bebé: il linguaggio dei piccoli
prematuri è, infatti, un po’ diverso da quelli degli altri neonati. Essendo
nato prima del termine, spesso il bimbo non è pronto per relazionarsi con la
madre e anche pochi stimoli possono risultare stancanti per lui”.
Naturalmente ciò non significa che non abbia bisogno
della madre, anzi. Ritrovare la voce, il battito cardiaco, il calore materno, è
un immenso sollievo per questi bimbi.
Per questo la marsupioterapia fa tanto bene sia alla
mamma che al suo piccino, offrendo loro la possibilità di ristabilire quel
contatto interrotto troppo presto.
Ma i benefici della marsupioterapia non
riguardano soltanto la sfera emotiva e l’intesa tra madre e figlio. “Il piccolo
viene posto, con indosso solo il pannolino, sul torace nudo della mamma e resta
con lei per un tempo che può variare da un minimo di mezz’ora a un massimo di
una o due ore, a secondo delle consuetudini del reparto e dei desideri della
madre” spiega Silvana Cantone, responsabile del reparto di Pediatria
dell’Ospedale del Mugello di Borgo San Lorenzo.
“In genere gli appuntamenti quotidiani sono un paio,
uno al mattino e uno al pomeriggio, e hanno inizio quando le condizioni del
bimbo lo permettono, poiché la fase critica è stata superata. Per quanto
riguarda il peso, anche qui, dipende dai reparti, presso il nostro Ospedale, ad
esempio, la marsupioterapia viene praticata anche con i piccini che
pesano un chilo e quattrocento grammi.
Questa vicinanza oltre a favorire la relazione tra
mamma e figlio, assicura al neonato prematuro importanti benefici a livello
fisiologico.
Innanzitutto i parametri cardio-respiratori si
stabilizzano più rapidamente: la frequenza cardiaca diventa regolare e i
bambini che necessitano di ossigenoterapia (poiché non sono in grado di
respirare autonomamente), grazie al contatto con il corpo materno, recuperano
in tempi molto brevi.
Sin dalle prime sedute di marsupioterapia, il
livello di ossigeno nel sangue, monitorato con un pulsossimetro (ovvero un piccolo apparecchio, una
sorta di molletta che viene applicata al dito del bimbo e misura l’ossigeno nel
sangue registrando eventuali cali), si stabilizza, a dimostrazione del fatto che
questa pratica è una vera e propria ‘terapia’.
Numerose ricerche hanno evidenziato che la madre è
la fonte di calore ideale: lo stretto contatto con il corpo materno assicura
una perfetta termoregolazione e riduce il rischio di ipotermia.
Quando il bimbo è sul petto della mamma o sta succhiando al seno, il suo organismo produce endorfine, ovvero ormoni che favoriscono il benessere e lo aiutano a sopportare eventuali interventi invasivi o fastidiosi (ad esempio i prelievi, il cambio di un sondino o la somministrazione di una terapia intramuscolo): durante la marsupioterapia il piccolo sente meno dolore e dimentica più facilmente le situazioni stressanti che ha vissuto.
La marsupioterapia favorisce l’avvio e la buona
riuscita dell’allattamento al seno, infatti, il contatto pelle a pelle stimola
la produzione di latte e fa sì che il neonato, anche se di peso molto basso,
imparando a riconoscere l'odore della madre, inizi a leccare e poi tenti di
attaccarsi al seno per succhiare qualche goccia di alimento materno. Il
colostro prima e il latte poi, rappresentano il nutrimento ideale per tutti i
bimbi e ancor più per i piccoli nati pretermine, per questo è importante che la
mamma abbia la possibilità di offrire il suo latte al bebé, inizialmente con il
sondino o con una siringa e, appena possibile, direttamente al seno.
Così le dimissioni sono più veloci
“Il contatto con il corpo materno” spiega la pediatra, “incide molto sui
tempi di recupero: le condizioni si stabilizzano e migliorano più velocemente,
per cui si riduce il periodo che il neonato deve trascorrere in incubatrice, ma
anche il ricovero stesso. Quando non era prevista la vicinanza alla madre i
piccoli nati pretermine impiegavano molto più tempo a recuperare peso, crescere
e lasciare l’ospedale.
Inoltre l'interno di un'incubatrice non è un luogo ideale per il bebé,
in quanto il piccolo è disturbato dal continuo rumore del motore e, secondo
alcuni studi, sembra ci sia emissione di onde elettromagnetiche. La possibilità
di dimettere più precocemente questi piccoli, oltre a consentire l'inizio di un
vero rapporto, sereno e continuativo, dell'‘unità famiglia’, rappresenta un
risparmio per la società poiché riduce i costi dei ricoveri.
E se la mamma non si sente bene, la marsupioterapia viene fatta con il
papà: si è visto che il contatto pelle a pelle con il padre garantisce al
piccino gli stessi benefici. Inoltre, in questo modo, anche il papà ha
l’opportunità di entrare in relazione con il suo bambino, conoscerlo e gettare
le basi per la loro intesa futura”.
box: La terapia della mamma
canguro
Era il 1978, quando due neonatologi dell’Istituto
Materno-Infantile di Bogotà, in Colombia, hanno posto rimedio al problema della
carenza di incubatrici affidando i bimbi nati pretermine al calore del corpo
materno. Nacque così una pratica ad oggi ormai diffusa nella quasi totalità
delle Terapie Intensive Neonatali: la marsupioterapia. Una pratica che le
evidenze scientifiche hanno dimostrato assolutamente provvidenziale per il
benessere fisico ed emotivo del neonato prematuro che, grazie al contatto con
il corpo materno, si stabilizza e cresce più rapidamente, e deve restare in
ospedale per un periodo più breve.
box: Il ruolo prezioso delle
associazioni
“I
genitori di bambini ricoverati in terapia intensiva hanno molti sentimenti in
comune: ansie, dubbi, paure, ma anche la voglia di gioire per ogni piccolo
traguardo raggiunto” spiega Elisabetta Ruzzon, presidente de “Il Pulcino–Associazione delle famiglie dei bambini
nati pretermine e a termine ricoverati in un’unità di terapia intensiva
neonatale nel Veneto”. “Ed è in questo contesto che si inserisce l’opera delle
associazioni di volontariato composte da mamme e papà che hanno vissuto in
prima persona l’esperienza di una nascita prematura e hanno deciso di offrire
sostegno ed aiuto ad altre famiglie che si trovano in questa situazione. Sono
nate così in varie città, associazioni che oltre a fornire un supporto dal
punto di vista psicologico, informativo ed assistenziale ai familiari dei bimbi
ricoverati, si impegnano a promuovere iniziative per l’umanizzazione
dell’assistenza a questi neonati, la formazione del personale e l’acquisto di
attrezzature mediche per i reparti di neonatologia”.
“Spesso
quanti circondano la donna non sono in grado di offrirle un sostegno adeguato”
considera Elena Arpi, “e così lei si sente sola e incompresa. Sensazioni che
rendono ancora più pesante la sua sofferenza. Ecco perché sono così importanti
il sostegno e la vicinanza di altre madri che hanno vissuto la medesima
esperienza.
Il
suggerimento è quindi quello di contattare le associazioni di genitori di bimbi
prematuri, che operano nel proprio territorio ed eventualmente di rivolgersi
anche a uno psicologo, per elaborare la sofferenza, l’angoscia, la paura”.
Per scoprire se nella propria zona opera
un’associazione che offre sostegno alle famiglie di bimbi prematuri, ci si può
rivolgere al Coordinamento nazionale “Vivere-Onlus” cui aderiscono varie realtà
dal Nord al Sud Italia, e/o consultare l’elenco presente sul sito www.associazionepulcino.it
Il Coordinamento “Vivere-Onlus” mette inoltre a
disposizione di tutti i genitori di piccoli prematuri o di bimbi che, seppur
nati a termine, sono stati a lungo ospedalizzati per problemi di salute, un
call center che offre incoraggiamento e informazioni. Un’iniziativa preziosa,
soprattutto per le famiglie che abitano in città o regioni dove non ci sono
associazioni di riferimento.
È possibile contattare il Coordinamento chiamando lo
059/330162 o visitando il sito www.vivereonlus.com