420 grammi. Storia di una nascita difficile: diario di un padre, pensieri di una madre.

Il libro è la testimonianza dei sentimenti di due genitori che desiderano che la loro esperienza serva ad altri genitori di bimbi “ nati all’inizio di una salita”, che spinga ad interrogarsi su varie tematiche e sostenga la ricerca e la medicina.

Il compenso spettante agli autori derivato dalla vendita dei libri, verrà interamente devoluto a sostegno delle attività di ricerca dell’Unità Operativa di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale della Clinica Mangiagalli Milano.

Il senso di questo libro non è "convertire", tanto meno proporre i genitori come modelli irreprensibili,  dovrebbe servire per informare su un aspetto (il vissuto dei genitori in contesti difficili come questo) che di solito si ignora, perchè tutto è focalizzato sui problemi medici, e rendere consapevoli di come in realtà, anche in situazioni estreme come questa, il ruolo dei genitori è essenziale, di partecipazione attiva, e persino terapeutica. Questo dovrebbe essere il contenuto interessante da proporre, oltre al fatto che inevitabilmente questo dovrebbe indurre a riflettere -
quindi sollevare il dibattitto - su temi scottanti.

La clinica Mangiagalli ha chiesto alla mamma di Federico di tenere incontri con i genitori, proprio perchè riconoscono, ad entrambi i genitori, la capacità di far comprendere ciò che il personale medico - compreso lo psicologo - non riesce a trasferire, riescono a chiarire meglio il vissuto dei genitori di fronte a un problema, quello della prematurità, è molto diffuso e che trova spesso i genitori totalmente impreparati.


Testo IV copertina:

Peter, Elide e Federico: un padre, una madre e il loro bambino
. I
protagonisti di una storia di tenacia, di coraggio, di dolore - immenso - e
di gioie, di delusione e speranza, di rabbia, rassegnazione, i
ronia. E
amore. Una storia di vita e di morte. Ma soprattutto di vita! La vita appesa
a un filo di Federico, una vita cui si è aggrappato con tutte le sue forze,
nonostante i suoi soli 420 grammi alla nascita - troppo pochi per iniziare a
vivere sano, bello e sereno... troppi per morire.

I suoi genitori, non volevano che lui vivesse a tutti i costi, lo hanno
sempre accompagnato, difeso dall’ignoranza e dalla banalità, sostenuto
nell’irrazionale desiderio di vivere. Pronti ad accettare “il più innaturale
degli addii”, se Federico l’avesse voluto, avesse ceduto.

Federico, contro ogni aspettativa, ha ormai un anno e mezzo, è un bimbo
vispo, attento solare nello sguardo, straordinariamente bello! Ha vinto
tante battaglie ma di fronte a sé ha ancora tante incognite. Il suo papà e
la sua mamma hanno scritto questo diario per lui, nella speranza che un
giorno lui lo possa leggere, e per loro, perchè la scrittura li aiutava a
sopravvivere.

Oggi desiderano che questo diario, la loro storia, di cui non tacciono
nulla, serva ad altri genitori di bimbi “nati all’inizio di una salita”,
serva a interrogarsi su temi etici e sociali estremamente attuali sostenga
la ricerca e la medicina, perchè in futuro casi come il loro possano trovare
una via più facile e meno dolorosa.


Testo aletta copertina

19 marzo (La prima volta che Elide vede suo figlio)

“Che cosa sei? Non puoi essere mio figlio, non puoi essere figlio di
nessuno. Mi alzo in piedi per guardarti meglio. Barcollo ma non è il
cesareo. Peter mi sorregge. Non so che dire. Lo guardo, sorrido e dico una
banalità da mamma. Hai tubi ovunque. Suona tutto. Il pannolino microscopico
è chiuso ma si distanzia dal tuo ventre di almeno 4 dita.

Sembri uno scheletro. Sei scavato, le tue dita sono rosee e trasparenti:

appena accennate. Sembri un feto e sembri già morto. Oh Dio, non provo nulla
se non terrore e voglia di salvarmi. Alzo lo sguardo. La terapia intensiva è
orrenda. Devo tutelarmi da questo orrore. Devo fuggire lontano, sperare il
meglio e il meglio non credo sia la vita.

D’improvviso tiri un calcio nel vuoto ovattato della tua incubatrice. Lo
sento nella pancia e ti riconosco. “ Ciao, amore mio, eri tu a tirarmi tutti
quei calci, uno per ogni mia paura. Sei tu amore, come ho fatto a non
riconoscerti.

Perdonami. Ti amo. Tieni duro”. Poggio una mano sull’incubatrice, in qualche
modo provo ad accarezzarti. È calda, molto calda. Non so come, ma dovrò
abituarmi a tutto questo. “Mamma di Federico”. “Mamma di Federico”… “Eli,
l’infermiera dice a te”. Avevo sentito, ma non avevo capito si riferisse a
me. Sono io mamma di Federico. “Ha già provato a tirare il latte?” Latte?
Mamma? Federico? Latte vuol dire che posso ancora fare qualcosa per te,
latte vuol dire che posso aiutarti, latte vuol dire mamma. Il latte non è
una cosa da mamma di prematuro come stare in camera senza bimbo o chiedersi
se morirà, latte è una cosa da mamma e basta. Devo averlo, per forza.

Usciamo
a testa bassa dalla terapia intensiva. Tacitamente abbiamo deciso di
non voler vedere né sapere nulla delle altre culle. Guardo

Peter: “Scusa per ieri. Ora capisco la tua faccia”. “ Ti ha fatto
impressione?”. “Come potrebbe. È mio figlio”. Mi getto alle spalle la mia
menzogna e salgo in stanza in silenzio.”

Peter Durante padre e compagno di vita incontenibilmente orgoglioso di
Federico e di Elide, è attualmente Responsabile del personale in Pirelli
Pneumatici.
Il ruolo di cui è investito è “tenere in piedi” la famiglia.

Elide Esposito, napoletana, prima della nascita di Federico Responsabile
Sviluppo Italia Autogrill, oggi sta mantenendo fede alla sua promessa: “Se
vivi ti dedico tutta la mia vita, te lo giuro.”

 

fonte: A. Costa Ufficio Stampa Apogeo

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